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"Gli uomini provano impressione del sangue, per questo fanno la guerra, cercano di scongiurarne il terrore. Le donne no, devono vedere scorrere il proprio a ogni cambio di luna".


Ursula Jost in "Q" di Luther Blisset.



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Susanna, classe 1944

In viaggio nello spazio e nel tempo
Susanna – classe 1944

Susanna naviga nel tempo e nello spazio. Come se avesse chiesto un passaggio al tempo, per andare lontano da quella Sicilia contadina della metà del Novecento che assomiglia tanto all’Ottocento settentrionale.
E’ nata femmina, inconveniente di non poco conto in un mondo dove ogni maschio è forza lavoro e ogni femmina una bocca in più da sfamare.
Susanna ha sei anni, quando si prepara una festa grandiosa per la nascita del fratello. Assiste, occhi di bimba, a tutti i festeggiamenti con rabbia. Rabbia per non riuscire ad avere la stessa attenzione. Rabbia per non essere mai stata considerata importante. Rabbia perché in questo modo di maschi lei e prima di lei sua madre, non contano niente.
Crescendo si rende conto di cosa accade nella masseria nella quale vive a contatto con le zie e gli zii. La madre, anima docile e saggia, nella sua umiltà è quotidianamente schiacciata dalle cognate e dal marito. Non un attimo di pace, non un attimo di felicità. Lo sguardo sempre chino sulla cucina, sui pavimenti, sulle incombenze della cascina.
Susanna promette a se stessa che lei farà cose diverse: “Io non sarò così”.
Vede gli uomini che si “spaccano” nei campi e il suo più grande sogno è di studiare agraria per trovare nuovi metodi per coltivare la terra.
Ma l’imprevisto è dietro l’angolo e il suo viaggio è solo all’inizio.
Domenica, pranzo con tutta la famiglia riunita, una grande tavolata e le voci che si sovrappongono in un clima di festa. Susanna esprime un pensiero dolce e ingenuo come i suoi quindici anni:” Quando mi sviluppo, mi sposo Alfonso”.
La tavolata ammutolisce.
La sorella maggiore trascina Susanna fuori e le fa una lavata di capo chiedendole cose le è saltato in mente di dire una cosa così sconveniente. Ora sì che si è cacciata in un bel pasticcio, il padre gliel’avrebbe fatta pagare di sicuro.
Il padre le toglie la parola per un inverno intero, finché Susanna decide di andarsene, dove… non importa, l’importante è lontano da lì, in un posto in cui poter studiare ed essere considerata per prima cosa una persona e poi una donna.
Invia numerose domande di ammissione in vari istituti di Palermo e finalmente uno di questi le risponde positivamente. Il suo è un salto nel buio, non conosce Palermo, non conosce l’istituto, non sa che è una scuola di future suore.
La sua saggia e docile madre l’accompagna nel viaggio a Palermo, le infonde fiducia e tranquillità in quel momento straziante di allontanamento: “Fai affidamento sul tuo cuore”. Quella piccola donna, ormai consumata dal tanto lavoro, dai capelli bianchi e lo sguardo sempre chino, ha una forza interiore tale e una tale consapevolezza di sé, che preferisce perdere una figlia piuttosto che vederla invecchiare come lei.
Entra in istituto poco più che bambina e ne esce donna.
Nei dieci anni di istituto Susanna studia e diventa assistente nella Casa delle Fanciulle. Aiuta molte ragazze in difficoltà e trova la sua vocazione: aiutare le donne ad essere consapevoli del ruolo che svolgono nella società, lottare per ottenerlo ed affermarsi.
Ed ecco Susanna negli anni Sessanta a Palermo: una femminista in un mondo nel quale il maschilismo è imperante, intollerante e frustrante.
Nell’Istituto di suore dove lavora riesce, con la collaborazione delle Sorelle più giovani, ad introdurre un gruppo di ragazzi e ragazze di Lotta Continua. Con il pretesto dell’insegnamento, questi ragazzi tengono lezioni di vita, la vita fuori dall’istituto e lontano dalla Sicilia. Parlano dei luoghi dove emigrano gli amici di Susanna che lasciando il paese d’origine lo rendono vuoto come il deserto.
Le parlano delle lotte sindacali su al Nord, del lavoro in fabbrica e delle pessime condizioni di lavoro delle operaie.
Susanna decide che è lì che vuole andare e insieme ad un paio di amiche prende il treno e con cinquantamila lire, senza alloggio e senza lavoro arrivano a Torino.
Trova presto il lavoro che vuole, siamo negli anni Settanta e la richiesta di operaie è abbondante. Una volta assunta, inizia la sua lotta sindacale per migliorare le condizioni di lavoro delle donne. Ogni vittoria è accompagnata da un licenziamento, ogni conquista, dalla ricerca di un nuovo lavoro. Prima con La UIL poi con la CGL, Susanna è pronta a tutto pur di riscattare le donne da quella sorta di schiavitù operaia che le costringe a lavorare senza garanzie e senza sicurezza. Le dita lasciate sotto le presse, le bruciature della saldatura, senza contare il trattamento particolare riservato loro dagli uomini in fabbrica: tutto questo combatte Susanna nei suoi anni da sindacalista, non per un sindacato, non per un partito ma per una causa e per i diritti inviolabili.
L’incontro con Mario segna una svolta, un altro viaggio nel mondo ancora nuovo per Susanna, della compagna di vita e della madre. Mario ha con sé due piccole bimbe gemelle, Gioia e Chiara, la cui madre, in cerca della sua identità perduta, ha lasciato al padre. E Susanna cresce le gemelle come una madre.
La loro famiglia non sono solo Gioia e Chiara, sono anche i ragazzi e le ragazze che arrivano in affidamento per qualche giorno, qualche mese o per anni. Esperienze di affidamento che segnano la loro vita ma anche la vita delle gemelle e della loro figlia che è nata nel frattempo. Una grande famiglia aperta dove tutti sono fratelli e dove c’è amore, comprensione e sostegno per chi ne è alla ricerca
Il viaggio di Susanna le ha riserva però una terribile sorpresa e lo sgomento è talmente grande che le sembra di non avere più la forza di proseguire.
Di fronte a un evento terribile, qualcuno si ferma, si arrende. Qualcun altro, a fatica, alza la testa, e va avanti.
Susanna ha alzato la testa dopo la morte di Gioia. Mario ci sta provando ancora adesso. Sono passati tre anni da quando Gioia, colpita da un linfoma all’età di ventisette anni, ha lasciato la famiglia. Mario si è seduto su una sedia a rotelle e non si è più rialzato, complice un incidente banale dal quale non vuole più riprendersi. Susanna lotta per tutti. Lotta per Mario che alzi la testa e continui il suo viaggio, lotta per Chiara che porta in sé una parte della gemella, come non fosse mai partita. Lotta per la serenità della nipotina, che il destino l’ha voluta identica alla zia scomparsa.
A quanto pare la lotta di Susanna non ha termine, il suo viaggio è ancora lungo. Ma lei non è stanca, non si sa dove trovi la forza per proseguire, ma è sempre in piedi. Evelina la guarda camminare spedita per la strada del bosco. A vederla, infagottata nel suo cappotto, con la sua sciarpa intorno al collo, sembra una donna qualsiasi…

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